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Mi sono trovato spesso a riflettere , occupandomi da sempre di Giacomo Leopardi, su Foscolo;
nel giorno del suo anniversario, voglio dedicare a quest'ultimo, questa declamazione e riflessione....
http://sergio-carlacchiani.blogspot.com









L’infinito di Leopardi e il sonetto alla sera di Foscolo presentano alcune somiglianze e differenze che ci permettono di confrontarli.
La prima evidente analogia riguarda la presenza di elementi naturali.
In Leopardi è la vista da un colle, ostacolata da una siepe, che scatena emozioni e turbamenti, come in Foscolo, che invece sviluppa le proprie riflessioni con lo scendere della sera. Per entrambi i poeti la natura ha quindi un ruolo di spicco, Leopardi infatti è nel periodo del pessimismo storico, quando ancora la natura è vista come madre benigna che allevia le sofferenze dell’uomo, e Foscolo, da esponente del neoclassicismo, più volte nei suo componimenti riconosce alla natura un ruolo determinante.
Una differenza la si ritrova nelle riflessioni che l’elemento naturale induce ai due poeti: per Leopardi, infatti, la siepe che ostacola lo sguardo è un modo per lasciare libero sfogo all’immaginazione, che può così dilettarsi e distendersi all’infinito nello spazio e nel tempo. Leopardi ci propone anche un parallelismo fra una dimensione finita, che corrisponde a un tempo presente e ha la collocazione fisica del colle e della siepe, e una dimensione infinita, composta da ricordi, che nella loro vaghezza si rivelano fonte inesauribile di gioia e piacere per il poeta.
L’infinito dunque non è solo un pensiero astratto, bensì una condizione di idillio che Leopardi brama, e nella quale anche l’affogare diventa cosa dolce.
Foscolo invece, è più orientato su una visione pessimista, o comunque non di gioia. Per lui, infatti, la sera ha una diretta relazione con la morte, con il nulla eterno, che sebbene in Foscolo abbia una connotazione positiva, appare come un’aspirazione di pace difficile da raggiungere, per le preoccupazioni e le angosce che la realtà porta con sé ogni giorno. Per Foscolo infatti cominciano a risultare gravose tutte le inquietudini di una vita, che sin dall’abbandono forzato dell’isola natale hanno afflitto l’animo del poeta. Il nulla eterno pare l’unica via per sfuggirvi, un presente senza fine, ove uno spirito guerriero ormai assopito potrebbe finalmente trovare pace.
Un’ultima differenza la si evidenzia nel rapporto che i due poeti hanno con il tempo.
Per Leopardi la storia è un ricordare, un indeterminato del tutto positivo, nonostante al suo passato non appartengano ricordi propriamente gioiosi. Per Foscolo invece esiste il reo tempo, che sfugge e consuma, che opprime l’uomo e lo carica di inquietudine.

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