Grazie al giornalista Paolo Romano, per questa stupenda recensione fatta al nuovo cd dell'amico Enrico Zanisi che sono felice di aver ospitato per ben due volte e premiato come giovane talento al Festival Internazionale di Arte Vivente VITAVITA di Civitanova Marche, che mi onoro di dirigere da 12 anni.
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Enrico Zanisi,
il giovane pianista che il mondo ci invidia
Agli eccessi dei vent'anni si perdona (quasi) tutto: sfrontatezze e disregolazioni di libertà. Quasi, perché un ragazzino di 25 anni con un nome comune, si chiama Enrico Zanisi, non può già avere dieci anni di carriera alle spalle, vincere borse di studio alla Berklee di Boston e poi l'ammissione alla Manhattan School of Music di New York, avere due diplomi di pianoforte, aver pubblicato cinque album e prendersi, alla chetichella, il premio Top Jazz come miglior nuovo talento dalla blasonata rivista Musica Jazz, mammasantissima dell'ortodossia nel genere. Né gli si può consentire di lasciare a bocca aperta (e con un po' di invidia) i suoi colleghi "parrucconi", quando sciorina tonnellate di idee, che manco in cinquant'anni di esperienza mediamente si partoriscono. E magari esibirsi in India, Sud America, Norvegia, Messico, Brasile, Irlanda, Tunisia, Inghilterra, divertendosi come un matto e lasciando di stucco i teatri sempre pieni e curiosi.
Perché poi va a finire che, per festeggiare i tuoi 26 anni (ventisei), decidi di pubblicare a febbraio un album di pezzi originali per piano solo ("Piano Tales"), attaccare con una Ouverture che c'ha le prime note dell'armonia rinascimentale e finire per attraccare dalle parti di Scriabin o Poulenc, dopo che, ventenne, palleggi bassi e contrappunti barocchi manco fossi l'ultima delle propaggini della figliolanza di Bach. No, tutto, ma questo ai vent'anni non si può perdonare.
E tanto meno scrivere pezzi con la testa di un musicista che non ha alcuna voglia né intenzione di dimostrare quant'è bravo, tanto per attirarsi consensi nelle "alte sfere del jazz", ma che ha come unico obiettivo la musica, una musica oscenamente nuova e antichissima. Questo Paese non ha bisogno di talenti di queste dimensioni, lo sappiamo tutti; bisogna contrastare questi fenomeni, spedirli via, reprimerli, anzi meglio: ignorarli.
Purtroppo, invece, Enrico Zanisi suona le sue undici "Piano Tales" (e beata la Cam Jazz Records che se l'è accaparrate) con disarmante bellezza e semplicità. Costruisce pezzi, come Uma Historia, dove la poliritmia s'acciambella su armonie complicate, al servizio della melodia e della musica. E veleggiando di traccia in traccia ti costringe ad ammettere che, no, questo album ti sta regalando qualcosa, che manco eri disposto a concedere a inizio ascolto: emozioni.
Ora, se a vent'anni sei così, hai un problema di una qualche portata per il tuo futuro e per garantirgli qualità costante, ma fai pure un'opera di bene, a chi vuole capire cosa separa la paccottiglia caciarona di un Allevi (non se ne abbia troppo a male) dalla musicalità e dalle possibilità del piano.
Pianto Tales è un album strepitoso, Enrico Zanisi, probabilmente, il nostro più importante musicista degli anni a venire. Ecco perché non lo si può perdonare di averlo scritto e suonato, perché poi bisogna ammettere che questo Paese dei suoi talenti maiuscoli non sa mica tanto bene cosa farci.
Paolo Romano
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