Predrag Matvejevic, da Brevario Mediterraneo , pag 39 - Voce: Sergio Carlacchiani
L’appello per il Nobel della Letteratura a Predrag Matvejevic era stato lanciato anche in questo blog, una lettera condivisa da decine di intellettuali, giornalisti, docenti universitari che oggi ha il sapore dell’ultimo saluto allo scrittore bosniaco che si è spento a Zagabria dove si era trasferito qualche anno fa dopo aver lasciato l’insegnamento di Slavistica all’Università La Sapienza di Roma.
La cronaca degli ultimi mesi di vita di Matvejevic è triste, ha finito i suoi giorni malato in un modesto ricovero per anziani e nulla si è potuto fare per aiutarlo, nonostante l’appello alla famiglia e al governo croato e quello nazionale, poiché questo grande intellettuale era anche cittadino italiano. L’abbiamo incontrato per l’ultima volta nell’ospedale Godan Dom a Zagabria, dal quale non poteva uscire ed era tenuto sotto stretta sorveglianza, i medici del luogo parlavano di problemi psichiatrici, ma in quella occasione Matvejevic mi ha riconosciuto, abbiamo parlato, sembrava lucido e presente, rassegnato alle rigide regole del luogo, costretto a convivere con una ventina di altri pazienti, in uno spazio ridotto nel quale era difficile persino camminare.
Siamo diventati amici, l’ho seguito spesso nei suoi peripli mediterranei, specialmente in Puglia, era instancabile Matvejevic, non si risparmiava, raccontava il mare, incantava con il suo timbro dall’inflessione slava che sapeva essere un flauto, ti inchiodava con lo sguardo e la forza delle parole. Raccontava con la stessa passione, così di fronte ad una grande platea, che davanti a pochi intimi, nei salotti o nelle feste tradizionali. Lo ricordo a Giovinazzo per l’inaugurazione della Vedetta sul Mediterraneo, dove non resistette al colore delle acque del porto, vestito di tutto punto con giacca e cravatta si spogliò senza pudore sulla banchina e fece una meravigliosa nuotata.
La sua caratteristica più grande è sempre stata la generosità, donava gran parte di quello che guadagnava ad altri artisti meno fortunati, ha sempre rivolto il suo sguardo e i suoi gesti a chi gli chiedeva aiuto. Nella breve, certamente non esaustiva, rassegna delle sue opere non può mancare Pane nostro (Garzanti 2015) che è una specie di testamento spirituale, un invito, ancora una volta alla condivisione nel semplice gesto di strappare e spartire il pane, così come è da sempre in tutte le culture e nell’eucarestia cristiana. Un uomo grande Matvejevic, che ha segnato la nostra epoca, non meritava di finire dimenticato in un ospedale, ma forse anche questo è specchio dei tempi.
Commenti
Posta un commento