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Una straordinaria figura di pensatrice vedeva la luce in una famiglia di ebrei agnostici il 3 febbraio 1909 a Parigi: la saggista e studiosa di filosofia Simone Weil.
La sua breve vita, che si sarebbe conclusa in Inghilterra nell'agosto 1943 a soli 34 anni per un problema cardiaco, fu intensa nonostante le emicranie croniche, le sinusiti e i guai fisici, a dispetto di un carattere introverso al limite dell'ascetismo: Simone Weil volle fare della sua vita la propria opera, superando i limiti e mettendo in pratica le sue teorie.




 " Quando il pensiero è costretto dall'esperienza" Un tè con Simone Weil e Sergio Carlacchiani



Biografia Percorsi mistici e rivoluzionari

Personalità forte e volitiva che per la sua fede nella verità fu spesso pietra d'inciampo e che eccelse in coerenza fino al limite dell'estremismo più radicale, Simone Weil nacque il 3 febbraio 1909 a Parigi.
Carattere profondo e sensibile, a quattordici anni attraversa una crisi di sconforto adolescenziale che la porta vicina al suicidio ma che fortunatamente riesce a superare, mentre a ventuno anni cominciano a comparire quelle cefalee che la faranno soffrire sino alla fine dei suoi giorni.
Allieva di Le Senne e, con maggiore efficacia, di Alain, ottiene nel 1931 la laurea in filosofia e comincia a insegnare in vari licei di provincia, militando (pur senza iscriversi ad alcun partito) nei movimenti dell'estrema sinistra rivoluzionaria; Simone Weil sarà anche tra i primi a denunciare le deviazioni della rivoluzione sovietica.
All'inizio degli anni '30 quando si avvicina al sindacalismo rivoluzionario Simone elabora quel nucleo essenziale della sua filosofia che ne farà il simbolo dell'antimilitarismo radicale. Professoressa al liceo di Auxerre e sempre più spinta dalle sue idee a voler sperimentare se stessa, nel dicembre del 1934 abbandona la vita di soli studi per dedicarsi al lavoro manuale, prestando opera come manovale presso Alsthom (società di costruzioni meccaniche) a Parigi. Il vavoro testimoniato dai suoi stessi diari è estremamente duro e frustrante.
Tutto questo fa parte della sua ansia di rinnovamento sociale, del suo desiderio di veder migliorare il mondo. E' la spinta di questa potente pulsione interiore che la induce dapprima a lavorare come fresatrice alla Renault e in seguito, sull'onda di un viaggio in Portogallo, ad avvicinarsi al cristianesimo nella sua forma più radicale e, se volgiamo, più autentica.
Simone Weil percepisce sulla sua pelle, attraverso le sue scelte e il suo "sperimentarsi", l'intima affinità che esiste fra la figura di Cristo e quella di tutti i poveri che camminano sulla Terra; un'affinità che però, nell'ottica della Weil, ha il sapore del riscatto.
Politica e religione formano una miscela esplosiva nel suo cuore tanto che nell'agosto del 1936 parte per arruolarsi nelle file degli anarco-sindacalisti, unendosi alla rivoluzione che voleva cambiare la Spagna e che si trasformò in una sanguinosa guerra civile.
L'alta coscienza morale della scrittrice e il suo lucido sguardo non possono però nasconderle che il suo impegno è, nei fatti, un supporto al massacro che andava perpetuandosi e che le sue nobili aspirazioni mal si conciliavano con quel che stava succedendo nel paese andaluso.
Delusa, parte dunque per Assisi alla ricerca di pace spirituale. Qui ha una potente crisi che trasforma la sua conversione in qualcosa di ancora più definito. Da allora la poesia diventa quasi una forma di preghiera.
Nella primavera del 1940 Simone Weil conoscerà le Bhagavad Gìta dalla cui lettura riceverà, per sua ammissione, un'impronta permanente.
Su consiglio di René Daumal, grande storico delle religioni, si avvierà oltretutto allo studio del sanscrito, lingua originale del testo sacro.
Tornata a Marsiglia riprende i contatti con gli ambienti della Resistenza ma la rete alla quale appartiene viene scoperta e nella primavera del 1941 viene interrogata più volte dalla polizia che fortunatamente non l'arresta.
Nel 1942 prende una delle decisioni più difficili della sua vita: raccoglie i suoi vestiti, le poche cose che le appartenevano ed emigra negli Stati Uniti con i genitori, ma solo per realizzare il suo progetto di raggiungere il Comitato nazionale di "France libre" e con la speranza di rientrare clandestinamente in patria per partecipare attivamente alla Resistenza.
A New York conosce, fra gli altri, Jacques Maritain, già celebre filosofo. Il 14 dicembre si stabilisce a Londra dove viene assegnata come redattrice alla "Direction de l'interieur de la France Libre".
Già stanca e malata, provata dalle numerose sofferenze a cui aveva volontariamente sottoposto il suo fisico, in un tentativo di comunione estrema con i poveri e con Dio sempre inseguito, muore nel sanatorio di Ashford il 24 agosto 1943.
I suoi scritti, sparsi in molteplici "Quaderni" venuti alla luce in forma pressoché clandestina e anomina, e dunque pubblicati quasi interamente postumi, costituiscono un laboratorio di pensiero e di poesia di altissimo livello, fonte di profonde riflessioni e testimonianza di una rara integrità esistenziale.

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