Franco Di Carlo - Profezia - Voce: Karl Esse
Profezia
.
Molto presto, di mattina, un giorno entrai
nel bosco di latte, nascosti ingressi
tra le foglie della sibilla via vai
continui, orribili lamenti, accessi
ardenti e bui antri segreti, incerti
respiri di platonici cavalli
alati, sospiri feroci aperti
al vento d’ottobre quando le valli
annerite annunciano la pallida
sera, poi risuonò 1’aspra parola
parlò, gonfia il petto d’affanno e grida
rabbioso il cuore, invasata la gola
dal dio, responsi chiedendo ai fati:
è giunto, empi mortali, ormai per voi
il tempo di destarvi e batter l’ali
verso sentieri, per luoghi beati
dannati sogni, facili finzioni
dolci immagini per vane illusioni
rinascete alla vita e distinguete
il vero dal mondo falso, riprendete
il viaggio incompiuto, tempo verrà
che nessun moto mai più vi scuoterà
dalla notte del sonno e lì resterà
sempre immutato l’eterno dolore.
L'Ombra delle Parole Rivista Letteraria Internazionale
Franco Di Carlo POESIE INEDITE SCELTE da “La Vicinanza nostalgica” “La questione dello statuto di verità del discorso poetico” «Configurazione significa niente figura formata», “un poema sul De rerum existentiae” «la parola [che] nomina la cosa», «la terza navigazione», “all’interno della «contraddizione» della dimensione della Storia” con un Commento impolitico di Giorgio Linguaglossa
Franco Di Carlo
(Genzano di Roma, 1952), oltre a diversi volumi di critica (su Tasso,
Leopardi, Verga, Ungaretti, Poesia abruzzese del ‘900, l’Ermetismo,
Calvino, D. Maffìa, V. M. Rippo, Avanguardia e Sperimentalismo, il
romanzo del secondo ‘900), saggi d’arte e musicali, ha pubblicato varie
opere poetiche: Nel sogno e nella vita (1979), con prefazione di G: Bonaviri; Le stanze della memoria (1987), con prefazione di Lea Canducci e postfazione di D. Bellezza e E. Ragni: Il dono (1989), postfazione di G. Manacorda; inoltre, fra il 1990 e il 2001, numerose raccolte di poemetti: Tre
poemetti; L’età della ragione; La Voce; Una Traccia; Interludi;
L’invocazione; I suoni delle cose; I fantasmi; Il tramonto dell’essere;
La luce discorde; nonché la silloge poetica Il nulla celeste (2002)
con prefazione di G. Linguaglossa. Della sua attività letteraria si
sono occupati molti critici, poeti e scrittori, tra cui: Bassani,
Bigongiari, Luzi, Zanzotto, Pasolini, Sanguineti, Spagnoletti, Ramat,
Barberi Squarotti, Bevilacqua, Spaziani, Siciliano, Raboni, Sapegno,
Anceschi, Binni, Macrì, Asor Rosa, Pedullà, Petrocchi, Starobinski,
Risi, De Santi, Pomilio, Petrucciani, E. Severino. Traduce da poeti
antichi e moderni e ha pubblicato inediti di Parronchi, E. Fracassi, V.
M. Rippo, M. Landi. Tra il 2003 e il 2015 vengono alla luce altre
raccolte di poemetti, tra cui: Il pensiero poetante, La pietà della
luce, Carme lustrale, La mutazione, Poesie per amore, Il progetto, La
persuasione, Figure del desiderio, Il sentiero, Fonè, Gli occhi di
Turner, Divina Mimesis, nonché la silloge Della Rivelazione (2013) con prefazione di R. Utzeri.
Commento impolitico di Giorgio Linguaglossa
«Configurazione significa niente figura formata», scriveva Adorno nella Teoria estetica
(1970). Prendo lo spunto da qui. Configurazione del procedimento
formantesi più che della materia formata. Il pensiero poetante di Franco
Di Carlo è l’espressione poetica di una mathesis in via di
prendere «forma», che non si converte alla razionalità tecnologica che
vuole una «forma» che non riecheggi altro da sé e che risulti
interamente formata; l’intento del poema è far si che siano visibili e
percettibili le condizioni di una omeostasi di forze che trovano il loro
precario equilibrio attraverso una logicità discorsiva che si è
affrancata dalla logica matematizzante della razionalità. Mediante
l’assunzione del capostipite di questo modello di scrittura, quel
Lucrezio del De rerum natura, Di Carlo ci consegna un poema sul De rerum existentiae
più adatto alla messa in poesia della sensibilità odierna. Le opere
d’arte moderne anelano ad una dimensione ove sia possibile
l’autenticità, ma il problema è che sarebbe ingenuo e abnorme pensare ad
una autenticità sconnessa dalla felicità, a seguito della intervenuta
rimozione di quest’ultima. Sempre Adorno ci conforta quando afferma che
«la felicità è nemica della razionalità… e comunque ha bisogno della
razionalità come mezzo – l’arte tende a far proprio questo “telos”
irrazionale»; ma io direi, ancor più brutalmente, che la felicità è
ancor più nemica della autenticità di quanto vogliano far credere le
opere dozzinali. È difficile finanche individuare una precisa fisionomia
del tema qui cantato da Di Carlo, tanto esso si rivela ostico al canto e
invece prossimo al parlato di tutti i giorni. Il poeta di Genzano
preferisce il lessico colloquiale, il tono basso, gli effetti contenuti
al massimo, un passo regolare e simmetrico. Ovviamente, oggi non si dà
più una materia cantabile e, tantomeno, un canto qualsivoglia o una
parola salvifica da cui toccherebbe guardarsi come da un contagio della
peste. E allora, non resta che affidarsi ad «un appello / al dialogo
destinato a restare / Inespresso, una parola staccata / e lontana». La
«Vicinanza nostalgica» è «la parola [che] nomina la cosa»; siamo ancora
una volta all’interno di una poesia della problematicità del segno
linguistico, ad una poesia teoretica che medita sul proprio farsi, sulle
condizioni di esistenza della poesia nel mondo moderno, poiché la
direzione da perseguire è l’esatto opposto di quella che vorrebbe
inseguire lo svolgimento del «progresso», ma un «regresso» calcolato e
meditato è la tesi di Di Carlo: «questo è il processo regresso da
avviare sulla strada / del pensare, arrivare al luogo scelto / opposto a
quello voluto dal progresso nell’apparato Tecnico».
Di Carlo
prende in parola il filosofo tedesco che scrive: «Il piacere sensoriale,
a volte punito da un misto di ascetismo e di autoritarismo, è divenuto
storicamente nemico immediato dell’arte: l’eufonia del suono, l’armonia
dei colori, la soavità sono divenute pacchianeria e marchio
dell’industria culturale».1 Di Carlo fa una meta poesia sulla
poesia, opera una riflessione sulla problematica sopravvivenza della
poesia nel mondo di oggi, a metà tra pensiero filosofico e pensiero
poetico.
Scrivevo a proposito di della raccolta di Franco Di Carlo Della Rivelazione Roma, EdiLet, 2013 pp. 90 € 12:
Franco Di
Carlo non vuole fare a meno della questione dello statuto di verità di
un discorso che cerca la verità. L’unica forma di verità attingibile, è
detto con chiarezza, è «la terza navigazione», ovvero, il Ritorno, il de reditu
dalla dimensione metafisica a quella sensibile. Come sappiamo, «la
seconda navigazione» per Platone segna il passaggio dalla conoscenza
sensibile alla conoscenza metafisica. Nel linguaggio dei marinai la
prima navigazione è quella per così dire spontanea, che si ha con il
favore del vento; la seconda è quando occorre remare con le proprie
forze. La prima forma di conoscenza è quella sensibile (che proviene dal
dato immediato della conoscenza), ed è quella dei filosofi
presocratici, fermi alla “natura” (secondo la visione platonica); ma
questa conoscenza non è adeguata per spiegare quella dimensione
introdotta da Socrate col problema dell’anima, del bene, di ciò che
trascende la pura materialità del corpo fisico (Socrate insisteva: tutti
si prendono cura del proprio corpo, è però più importante prendersi
cura della propria anima). Platone prosegue su questa prospettiva: dà
corso alla metafisica (come verrà chiamata questa scienza-episteme dopo
Aristotele). Oltre l’essere sensibile c’è l’essere in sé, che non
diviene, che permane oltre il mutare del sensibile, che ne è causa e
fondamento. Questo essere (o meglio: questa dimensione dell’essere) che
Platone chiamerà «idea» (eidos-forma; paradeigma: modello) si
coglie con il solo pensiero, con la “forza” del puro pensiero. È questa
la “seconda navigazione” per Platone. Per restare in tema, per Agostino
c’è anche la “terza navigazione”, quella mediante la quale con la
“forza” della fede, l’accoglimento, critico e consapevole basato sul
credo in quanto assurdo della rivelazione si arriva alla comprensione
conversione verso Dio.
La posizione
di Di Carlo è diversa e presuppone le tre citate integrate dalla
filosofia heideggeriana dell’essere: il «pellegrinaggio della
metamorfosi» si compie come «fuga del corpo da un luogo all’altro».
esiste un mondo intellegibileche sempre è sovrasensibile
essere che non nasce e non perisce
(…)
– il viaggio continua a gran fatica
per poi interrompersi bruscamente
a causa della contraddizione
incontrata nella prima navigazione
che tutto ciò che è sensibile
non è giustificabile né spiegabile
con le sue sole anche se grandi forze interne
rimanda al trascendente
causa vera delle cose
che vediamo con gli occhi dell’anima
– così attraverso il mare della vita
cerco la verità della ragione
salendo su una zattera che la visione
atterra ai limiti della divina rivelazione
ch’annulla i rischi della traversata
rendendo la mia nave più sicura e fidata
c’è dunque un Aldilà
che la ragione da sola non può
raggiungere perché il mare
s’inburrasca e il viaggio
diviene impossibile da fare
La
composizione che fa da prologo è chiara: dapprincipio si ha «la divina
foresta» (luogo dell’ombra e della dispersione), qui prende forma la
«domanda di salvezza», «palingenesi del mondo superiore» che avviene in
una «luce lunare cupa infernale».
camminando all’infinito
lungo l’alta montagna impietosa
e il perfido mare ardito
unisco parola e passo
e lascio la ragione per la vita.
lungo l’alta montagna impietosa
e il perfido mare ardito
unisco parola e passo
e lascio la ragione per la vita.
È una poesia
che ha l’andamento classico della poesia filosofica di un Lucrezio, il
metro è l’endecasillabo sciolto, a volte ipermetro, a volte un metro più
ampio, il tono alto solenne, pensieroso, pensante. È una
poesia-cammino, che si fa durante il «cammino», durante il tragitto. E
in questo camminare ha luogo l’interrogazione metafisica sulle cose
ultime, che stanno al di là della fisica delle cose fisiche, e sulle
cose prime, che stanno al di qua, nella nostra vita quotidiana. Si ha
bisogno di cercare la verità perché essa è la sola giustificazione del
discorso poetico. L’eloquio poetico è, per Di Carlo, una petizione di
principio che interroga i fondamenti metafisici. Il «pensiero poetante»
pensa il pensiero del linguaggio e il linguaggio cede alla pressione
costante del pensiero poetante. È in questo pensiero circolare che la
poesia di Di Carlo, autore filosoficamente attrezzato, si svolge e si
involge, si aggomitola. Ciò che si sa lo si sa anche senza saperlo, lo
si sa dapprincipio; per via della seconda navigazione si scende, e nella
«terza navigazione» si sa ciò che si sa in quanto lo si è appreso con
la forza della conversione all’interno della «contraddizione» della
dimensione della Storia.
1 Adorno, Teoria estetica, trad. it. Einaudi, 1975. p. 391.
Franco Di Carlo da La vicinanza nostalgica
.
Commenti
Posta un commento