LA RETE CHE USO
A volte
dopo una notte insonne
vissuta per la pesca
sento d'aver usato
bene il mio tempo
quando nella rete
restano poesie
di poeti lontani
a me sconosciuti
che leggo
declamo
eppoi contento
li riaffido a lei
al mare
al vento.
dopo una notte insonne
vissuta per la pesca
sento d'aver usato
bene il mio tempo
quando nella rete
restano poesie
di poeti lontani
a me sconosciuti
che leggo
declamo
eppoi contento
li riaffido a lei
al mare
al vento.
Karl Esse
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In un paese d’infanzia ritrovata in lacrime,
In una città di morti battiti di cuore
(Battiti dal frastuono cullante,
Battiti d’ala degli uccelli nunzi di morte,
Sciabordii d’ala nera sulle morte acque).
In un passato fuori dal tempo, in preda a sortilegio,
I cari occhi a lutto dell’amore ardono ancora
Di un fuoco lento di rosso minerale, di un triste sortilegio;
In un paese d’infanzia ritrovata in lacrime…
– Ma il giorno piove sulla vacuità di tutto.
Perché mi hai sorriso nell’antica luce?
E perché, e come avete potuto riconoscermi
Voi strana ragazza dalle palpebre di arcangelo,
Dalle ridenti, illividite, sospiranti palpebre,
Edera di notte estiva sulla luna delle pietre?
E perché e come, non avendo mai conosciuto
Né il mio volto, né il mio lutto, né la miseria
Dei giorni, mi hai così di colpo riconosciuto
Tu mite, musicale, brumosa, pallida, cara,
Per la quale morire nella grande notte delle tue palpebre?
– Ma il giorno piove sulla vacuità di tutto.
Quali parole, quali musiche terribilmente antiche
Fremono in me per la tua irreale presenza,
Cupa colomba dei giorni lontani, mite, bella,
Quali musiche ti fanno eco nel sonno?
Sotto quale fogliame di arcaica solitudine,
In quale silenzio, quale melodia o quale voce
Di bambino malato ritrovarvi, oh bella,
Oh casta, oh musica ascoltata nel sonno?
– Ma il giorno piove sulla vacuità di tutto.
Oscar Vladislas de Lubicz-Milosz
(Traduzione di Massimo Rizzante)
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