Appunti sull’opera di Sergio Carlacchiani
Il prossimo 4 novembre 2016, presso la Sala degli affreschi di Palazzo Isimbardi
di Milano, sarà presentata al pubblico la rivista “Fascicolo” Annual
Edition 2016, che conterrà un articolo sulla performace dell’artista
Sergio Carlacchiani realizzata lo scorso aprile. Il titolo dell’evento
era: Disinquinamente, Sergio Carlacchiani 1993-2016, Pensare diVerso/Pattumiera poEtica. Nello
stesso articolo sarà presente il pezzo “critico” che scrissi per
l’amico Sergio e che ripropongo qui con lievi variazioni e
aggiornamenti.
Qualcosa va detto subito senza tergiversare: Sergio Carlacchiani è un grande artista multi-espressivo, extra-comunicativo, infra-disciplinare, trans-categoriale. Il suo percorso artistico (tuttora in fieri) è stato fin qui lungo, complesso, leggendario anche (perché no!), ricco di amicizie “eccellenti”, denso di riconoscimenti pubblici (e privati), a volte de-privanti e, soprattutto, non classificabile, incomparabile. Personalmente non conosco artisti di qualità che possano vantare le ampie e penetranti potenzialità espressive di Sergio. Nemmeno tra i “giovani”, a dir la verità. Per approfondire la storia artistica e umana dell’autore si può visitare il suo ottimo blog di riferimento: sergio-carlacchiani.blogspot.com Ineludibile è anche il suo canale youtube, all’interno del quale si possono ascoltare più di tremila declamazioni di affascinanti opere poetiche, che esaltano l’ampio spettro delle potenzialità vocali ed espressive dell’attore Carlacchiani, un’opera e una performance, questa, che, senza nessuno sforzo, definirei titanica. Bene! Ora, però, vorrei fecondare lo spazio bianco e sensuale della pagina, che mi si offre qui di seguito, con le mie semplici riflessioni sulla sorgente Po-Etica che sostiene la stratificata opera artistica dell’autore e da concretezza ed efficacia al suo pensare di-verso, av-verso, per-verso, contro-verso, uni-verso. E voglio seminare in modo ordinato, offrendo al pubblico poche, ma nitide, chiavi d’accesso alla sua Poiesis, cardini capaci di bloccare inopportune aperture, depistaggi semantici subliminali, virtuali o autoindotti.
Primo cardine. “Disinquinamente”; disinquinare: processo che tenta di ricondurre la mente occidentale, – ma cosa non è “occidentale” oggi? -, la mente razionale giudicante, sede della Krìsis, strumentale, dominata/dominatrice, la mente madre e figlia della Téchne, ricondurre la mente, dicevo, e dunque l’agire eticamente diretto (la Praxis), alla Phýsis, cioè alla natura armonica, originaria, fondatrice e fecondatrice, unificante, superiore, equilibrata, energetica, indomabile, incontrollabile, incalcolabile, pura e tremenda! Ciò è possibile se la Psyché si mette in cammino verso il centro dell’Essere. Non è un’ingenua questione artistica. No. Ed è proprio ciò che sta facendo Sergio Carlacchiani da anni, con timore, tremore, sconvolgente tenacia e un alto tasso di libertà operativa atemporale.
Secondo cardine. Le apparizioni/epifanie artistiche di Sergio Carlacchiani sorgono tutte dallo scontro: Psyché vs Téchne; e questa lotta, che sgorga dal (e al) tramonto dell’Occidente, è per definizione disinquinante. La poetica del ri-fiuto (dell’oggetto altrove scartato, consumato, poi ri-annusato, ma non più ciclabile, esteticamente improbabile, politicamente inadatto, maledettamente leggero, casualmente allegro) e della pattumiera-caverna-grembo, urlante di minuziosa impazienza e custode passionale di segni fossilizzati ma vitali, nasce alla periferia dei processi tecnici, dove l’onda d’urto della Téchne dominante è già scemata, o è rimbalzata indietro con studiata pre-potenza. Qui, in questo vuoto storico e sociale apparente, per Sergio è possibile una ri-configurazione etica “animata” dell’agire, un riapprodo alla naturalità, un sicuro ancoraggio alla Praxis ispirata dalla Psyché e subordinata all’autentica Phýsis. Ma questa Psychomachia non è solo teorica, è anche fisica, e richiede un allenamento folle, leopardiano, per diventare sostenibile. Non a caso Giacomo Leopardi è inscritto nel destino del nostro artista, è la sua luce e la sua ombra.
Terzo cardine. Trasversalità e multidisciplinarietà. L’artista del nostro tempo che fosse “tecnicamente specializzato” sarebbe solo uno strumento di dominio in mano alla Téchne e servirebbe solo a sostenerla, a echeggiarla in modo irresponsabile. Sergio Carlacchiani non ha mai fatto della Téchne il suo faro, o la sua stampella, e proprio questa mancanza lo ha sottratto alle gabbie della pro-duzione e lo ha tenuto vicino alla Psyché, attraverso la quale, rifiutando i sistemi dominanti e suggerendo il ri-fiuto delle realtà putrefatte in aree tecnicamente periferiche, ridà un’anima alle cose, una voce limpida alla “sua” poesia e delle idee all’Arte. I suoi ri-fiuti po-etici non sono tecnicamente pre-potenti, non sono di serie, né finalizzati, appaiono invece come coaguli di un’iperbolica sensibilità tangente alla Phýsis e sfuggono a una pro-duzione tecnicamente orientata, confinata e garantita dal valore di scambio; sono ri-fiuti cangianti, s-dopanti, a-politici, ecologica-mente e carlacchiana-mente disinquinanti, sempre pro-vocanti vaste aree semantiche.
Quarto cardine. L’opera di Sergio Carlacchiani è pro-vocatoria, de-clamatoria (ed e-vocatrice), ovverosia essa, chiamando con insistenza davanti a sé la genuina Poiesis, rivendica il diritto all’Essere e cerca la presenza dell’Essere, eventi tipici di una Psyché attiva benché incompiuta, e rigetta il diritto al pre-dominio, ostentato dalla Téchne come propria evoluzione naturale e fine, ma riconosciuto dall’autore come fortemente distorsivo e snaturante. Ed è infatti dalla anti-dominante Putrefactio da pattumiera che l’artista evoca anche le canzonette odierne, fresche e spontanee come fili d’erba o come gesti disinquinanti di-versi. Infine, vorrei dire che la vocazione asistematica di Sergio Carlacchiani non si esprime, e non può esprimersi, facilmente nella Polis, nella comunità intesa come luogo d’espressione dell’Etica ispirata dalla Phýsis, perché questa Polis-comunità non esiste più ed è stata sostituita da un meccanismo autodiretto che strumentalizza e annienta l’individuo per salvare solo una natura “snaturata”. Per questo motivo la Praxis a-prospettica, il pensiero di-verso, l’istinto con-verso, la forza e-vocatrice po-etica muscolarmente vocale, ripeto “muscolarmente vocale” e disinquinante dell’artista cozzano costantemente e pesantemente contro ogni tipo di politica impoetica, crudamente prosaica.
(Krìsis: separazione, scelta, giudizio; Phýsis: la naturalità originaria, non misurabile – la natura equilibrata e armonica – l’originaria manifestazione dell’Essere; Poiesis: la potenzialità creativa, che può sorgere anche dal nulla; Polis: la città, la comunità dei cittadini nel senso greco classico del termine; Praxis: l’agire eticamente diretto; Psyché: l’anima individuale e collettiva, l’essenza, ciò che sostiene e muove la natura; Psychomachia: lotta per – e dell’ – l’anima; Putrefactio: fase cruciale dei processi alchemici; Téchne: padroneggiare la propria mente, l’agire e il fare – dominio della natura e dell’uomo)
Claudio Nalli, 21 marzo 2016 (aggiornato il 01 ottobre 2016)
Qualcosa va detto subito senza tergiversare: Sergio Carlacchiani è un grande artista multi-espressivo, extra-comunicativo, infra-disciplinare, trans-categoriale. Il suo percorso artistico (tuttora in fieri) è stato fin qui lungo, complesso, leggendario anche (perché no!), ricco di amicizie “eccellenti”, denso di riconoscimenti pubblici (e privati), a volte de-privanti e, soprattutto, non classificabile, incomparabile. Personalmente non conosco artisti di qualità che possano vantare le ampie e penetranti potenzialità espressive di Sergio. Nemmeno tra i “giovani”, a dir la verità. Per approfondire la storia artistica e umana dell’autore si può visitare il suo ottimo blog di riferimento: sergio-carlacchiani.blogspot.com Ineludibile è anche il suo canale youtube, all’interno del quale si possono ascoltare più di tremila declamazioni di affascinanti opere poetiche, che esaltano l’ampio spettro delle potenzialità vocali ed espressive dell’attore Carlacchiani, un’opera e una performance, questa, che, senza nessuno sforzo, definirei titanica. Bene! Ora, però, vorrei fecondare lo spazio bianco e sensuale della pagina, che mi si offre qui di seguito, con le mie semplici riflessioni sulla sorgente Po-Etica che sostiene la stratificata opera artistica dell’autore e da concretezza ed efficacia al suo pensare di-verso, av-verso, per-verso, contro-verso, uni-verso. E voglio seminare in modo ordinato, offrendo al pubblico poche, ma nitide, chiavi d’accesso alla sua Poiesis, cardini capaci di bloccare inopportune aperture, depistaggi semantici subliminali, virtuali o autoindotti.
Primo cardine. “Disinquinamente”; disinquinare: processo che tenta di ricondurre la mente occidentale, – ma cosa non è “occidentale” oggi? -, la mente razionale giudicante, sede della Krìsis, strumentale, dominata/dominatrice, la mente madre e figlia della Téchne, ricondurre la mente, dicevo, e dunque l’agire eticamente diretto (la Praxis), alla Phýsis, cioè alla natura armonica, originaria, fondatrice e fecondatrice, unificante, superiore, equilibrata, energetica, indomabile, incontrollabile, incalcolabile, pura e tremenda! Ciò è possibile se la Psyché si mette in cammino verso il centro dell’Essere. Non è un’ingenua questione artistica. No. Ed è proprio ciò che sta facendo Sergio Carlacchiani da anni, con timore, tremore, sconvolgente tenacia e un alto tasso di libertà operativa atemporale.
Secondo cardine. Le apparizioni/epifanie artistiche di Sergio Carlacchiani sorgono tutte dallo scontro: Psyché vs Téchne; e questa lotta, che sgorga dal (e al) tramonto dell’Occidente, è per definizione disinquinante. La poetica del ri-fiuto (dell’oggetto altrove scartato, consumato, poi ri-annusato, ma non più ciclabile, esteticamente improbabile, politicamente inadatto, maledettamente leggero, casualmente allegro) e della pattumiera-caverna-grembo, urlante di minuziosa impazienza e custode passionale di segni fossilizzati ma vitali, nasce alla periferia dei processi tecnici, dove l’onda d’urto della Téchne dominante è già scemata, o è rimbalzata indietro con studiata pre-potenza. Qui, in questo vuoto storico e sociale apparente, per Sergio è possibile una ri-configurazione etica “animata” dell’agire, un riapprodo alla naturalità, un sicuro ancoraggio alla Praxis ispirata dalla Psyché e subordinata all’autentica Phýsis. Ma questa Psychomachia non è solo teorica, è anche fisica, e richiede un allenamento folle, leopardiano, per diventare sostenibile. Non a caso Giacomo Leopardi è inscritto nel destino del nostro artista, è la sua luce e la sua ombra.
Terzo cardine. Trasversalità e multidisciplinarietà. L’artista del nostro tempo che fosse “tecnicamente specializzato” sarebbe solo uno strumento di dominio in mano alla Téchne e servirebbe solo a sostenerla, a echeggiarla in modo irresponsabile. Sergio Carlacchiani non ha mai fatto della Téchne il suo faro, o la sua stampella, e proprio questa mancanza lo ha sottratto alle gabbie della pro-duzione e lo ha tenuto vicino alla Psyché, attraverso la quale, rifiutando i sistemi dominanti e suggerendo il ri-fiuto delle realtà putrefatte in aree tecnicamente periferiche, ridà un’anima alle cose, una voce limpida alla “sua” poesia e delle idee all’Arte. I suoi ri-fiuti po-etici non sono tecnicamente pre-potenti, non sono di serie, né finalizzati, appaiono invece come coaguli di un’iperbolica sensibilità tangente alla Phýsis e sfuggono a una pro-duzione tecnicamente orientata, confinata e garantita dal valore di scambio; sono ri-fiuti cangianti, s-dopanti, a-politici, ecologica-mente e carlacchiana-mente disinquinanti, sempre pro-vocanti vaste aree semantiche.
Quarto cardine. L’opera di Sergio Carlacchiani è pro-vocatoria, de-clamatoria (ed e-vocatrice), ovverosia essa, chiamando con insistenza davanti a sé la genuina Poiesis, rivendica il diritto all’Essere e cerca la presenza dell’Essere, eventi tipici di una Psyché attiva benché incompiuta, e rigetta il diritto al pre-dominio, ostentato dalla Téchne come propria evoluzione naturale e fine, ma riconosciuto dall’autore come fortemente distorsivo e snaturante. Ed è infatti dalla anti-dominante Putrefactio da pattumiera che l’artista evoca anche le canzonette odierne, fresche e spontanee come fili d’erba o come gesti disinquinanti di-versi. Infine, vorrei dire che la vocazione asistematica di Sergio Carlacchiani non si esprime, e non può esprimersi, facilmente nella Polis, nella comunità intesa come luogo d’espressione dell’Etica ispirata dalla Phýsis, perché questa Polis-comunità non esiste più ed è stata sostituita da un meccanismo autodiretto che strumentalizza e annienta l’individuo per salvare solo una natura “snaturata”. Per questo motivo la Praxis a-prospettica, il pensiero di-verso, l’istinto con-verso, la forza e-vocatrice po-etica muscolarmente vocale, ripeto “muscolarmente vocale” e disinquinante dell’artista cozzano costantemente e pesantemente contro ogni tipo di politica impoetica, crudamente prosaica.
(Krìsis: separazione, scelta, giudizio; Phýsis: la naturalità originaria, non misurabile – la natura equilibrata e armonica – l’originaria manifestazione dell’Essere; Poiesis: la potenzialità creativa, che può sorgere anche dal nulla; Polis: la città, la comunità dei cittadini nel senso greco classico del termine; Praxis: l’agire eticamente diretto; Psyché: l’anima individuale e collettiva, l’essenza, ciò che sostiene e muove la natura; Psychomachia: lotta per – e dell’ – l’anima; Putrefactio: fase cruciale dei processi alchemici; Téchne: padroneggiare la propria mente, l’agire e il fare – dominio della natura e dell’uomo)
Claudio Nalli, 21 marzo 2016 (aggiornato il 01 ottobre 2016)
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